Giocare è una cosa seria

Introduzione al gioco nell’età evolutiva

Osservando i bambini, fin dai primi anni di vita, ci rendiamo subito conto che essi dedicano al gioco gran parte del loro tempo.

Il gioco può essere considerato un’attività fine a se stessa: per il bambino “nel gioco non vi è altra giustificazione che il gioco stesso. Si gioca per il piacere di farlo” (Baumgartner, 2010).

Per il bambino, il modo naturale per imparare è attraverso il gioco. Mediante il gioco, infatti, il bambino esplora il mondo e gli altri, scopre nuovi movimenti, impara a conoscere la realtà, le relazioni ed impara le regole di comportamento da rispettare.

Ma cosa si intende veramente per gioco?

Dare una definizione non è affatto semplice, così come non è semplice identificarne la comparsa delle sue prime forme.

Fin dalle prime fasi dello sviluppo, quasi tutte le azioni del bambino, con i più vari oggetti e nelle più diverse situazioni, possono assumere carattere giocoso.

A partire dai due mesi circa, i bambini cominciano ad eseguire azioni per il puro piacere di farlo, ad esempio emettere dei suoni, osservare le proprie manine muoversi oppure veder scuotere un oggetto sonoro da un adulto. Tali comportamenti possono assumere le caratteristiche delle prime forme di gioco, considerate fondamentali per lo sviluppo delle abilità sociali, che cambiano man mano che il bambino cresce. Al mutare dell’età, delle abilità motorie, cognitive e affettive del bambino mutano anche le forme di gioco. Il gioco e lo sviluppo si influenzano reciprocamente: le forme di gioco che il bambino adotta dipendono dalla fase del suo sviluppo ed il gioco, a sua volta, influenza significativamente e contribuisce all’evoluzione delle abilità motorie, sociali, cognitive ed affettive (Baumgartner, 2010).

Nei primi mesi di vita, le interazioni faccia a faccia tra il neonato e l’adulto di riferimento possono essere considerate momenti ludici (D. Stern, 1977), durante i quali i partecipanti all’interazione concentrano la loro attenzione l’uno sull’altro. In questa fase, il gioco tra bambino ed adulto consiste principalmente in vocalizzazioni, espressioni del viso e giochi di parole.

Il gioco, quindi, fin dalle sue prime forme, può assumere le caratteristiche di vere e proprie interazioni interpersonali, con un genitore o con qualsiasi altra figura di riferimento. Pertanto, l’efficacia del gioco, come di qualsiasi altra attività congiunta, dipenderà da tutti i partecipanti, in particolar modo dal comportamento dell’adulto, dato che i bambini molto piccoli non hanno ancora sviluppato le capacità di adattare il proprio comportamento a quello di un’altra persona (H.R. Schaffer, 1998).

Successivamente, i bambini iniziano a mostrare interesse, oltre che per gli adulti di riferimento, anche per gli oggetti. Da questo momento la semplice manipolazione di oggetti di uso quotidiano (una spazzola, un mazzo di chiavi), può costituire un gioco di esercizio che permette ai bambini di imparare a controllare e coordinare i movimenti e i gesti mediante, ad esempio, l’afferrare, il portare alla bocca gli oggetti e l’aprire o chiudere le mani o gli occhi. Attraverso la loro manipolazione i bambini acquisiscono buone conoscenze della realtà circostante.

Nei mesi successivi, i bambini imparano ad utilizzare quegli oggetti in maniera funzionale e convenzionale, ad esempio la spazzola non verrà più utilizzata dai bambini solamente per osservarla e manipolarla, ma potrà essere utilizzata in maniera appropriata, come per fingere di pettinare una bambola.

Dopo qualche mese, con l’emergere della funzione simbolica, i bambini potranno fantasticamente trasformare un oggetto in un altro, ad esempio afferreranno la spazzola e, fingendo che sia un telefono, chiameranno il loro papà.

Col passare degli anni, in particolare con l’ingresso nella scuola dell’infanzia, il gioco per i bambini implicherà un grado di coinvolgimento sociale sempre maggiore. Infatti, verso i tre-quattro anni, i bambini giocheranno in maniera indipendente, ma in situazioni che li accomunano. Potranno ad esempio fare lo stesso gioco, utilizzando gli stessi tipi di giocattoli in uno spazio condiviso al punto da sembrare che stiano giocando insieme, ma ognuno in realtà sta procedendo per conto proprio. Questa modalità di gioco viene più comunemente definita gioco parallelo.

Il gioco diventa associativo quando i bambini iniziano a svolgere attività uguali, prestando attenzione a ciò che fanno gli altri. Infatti, potranno anche conversare tra loro e scambiarsi oggetti. Tuttavia, la partecipazione di ogni bambino coinvolto non è essenziale al funzionamento del gioco.

Infine, il gioco diventa cooperativo quando è organizzato e strutturato in modo che ogni partecipante rivesta un ruolo necessario alla realizzazione di un’attività.

Queste forme di gioco più sociale non sostituiscono le attività solitarie o parallele. Dai 3 anni, infatti, gioco parallelo, associativo e cooperativo sono praticati in egual misura (A.S. Bombi, A. E. Berti, 2010).

Le modalità di gioco sono, altresì, influenzate dall’ambiente circostante e dalla disponibilità di giocattoli. La tipologia di materiali utilizzati è un importante predittore della forma che il gioco andrà ad assumere, ad esempio i blocchi colorati sollecitano la manipolazione finalizzata a costruire qualcosa, ma possono diminuire l’interazione sociale.

Anche la quantità di materiali a disposizione riveste una notevole importanza: mettere a disposizione dei bambini pochi materiali favorisce la condivisione, ma se la quantità è troppo limitata rispetto al numero di bambini o se la gamma di scelta non è abbastanza ampia, si può favorire, al contrario, il conflitto (E. Baumgartner, 2010).

Sono i materiali semplici e modellabili ad ispirare maggiormente i bambini nel gioco; pezzi di legno, foglie, sassolini, cordicelle, scatole, o altri oggetti di uso comune, permettono di aumentare l’interazione sociale e favorire la creatività. Tali materiali vengono spesso scelti dai bambini per le loro attività ludiche. Inoltre, nelle società in via di sviluppo, in cui non vi è una grande disponibilità di giocattoli, questo tipo di materiale di uso comune può diventare davvero prezioso per lo svolgimento dei giochi e, di conseguenza, per lo sviluppo dei bambini.

Nelle grandi città moderne, al contrario, i ritmi frenetici che caratterizzano la vita di molti individui e le varie tecnologie digitali sempre più in uso, hanno inevitabilmente influenzato la quotidianità dei bambini. Inoltre, il bisogno degli adulti di organizzare nel dettaglio sia il loro tempo che quello dei loro bambini, fa sì che si arrivi sempre di più a limitare le opportunità di gioco libero e autorganizzato che potrebbe avvenire all’aperto. Giocare all’aperto permette al bambino di amplificare, attraverso materiale non strutturato, aspetti legati all’immaginazione e di sperimentare e costruire i propri giochi ed esperienze in autonomia.

Altrettanto importanti sono gli aspetti sociali del gioco all’aperto: fare nuove amicizie, condividere esperienze, inventare e negoziare regole, cooperare per il raggiungimento di un obiettivo comune nel gioco. Tutte opportunità che i bambini sperimentano e che favoriscono la socializzazione e l’autonomia.

Pertanto, qualora un genitore o una figura significativa si accorgesse che le modalità di gioco del bambino fossero poco idonee all’età e al suo sviluppo o ritenesse che il gioco presenti delle caratteristiche particolari, potrebbe essere opportuno tenere in considerazione la questione, per ridurre il rischio che si limiti lo sviluppo delle abilità sopracitate.

Dovrebbe ormai essere chiaro al lettore che giocare per i bambini non è solo un semplice passatempo. Vygotskij (psicologo, pedagogista), sottolinea come il mondo immaginario creato dai bambini sia governato da regole precise e, a differenza di quanto avviene spesso nella realtà, esse diventano oggetto della loro attenzione e sono per lo più rispettate.

In altre parole, per il bambino il gioco è davvero una cosa seria.

Delle psicologhe Sarah Di Curzio – Vanessa Farci – Rosa Guarino

Illustrato da Marta Bianchi

Rositaguarino@hotmail.it – Sarah.dicurzio@gmail.com – Vanessafar@hotmail.it

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By |2020-07-29T14:45:44+02:0029 Luglio 2020|Categories: Numero 12 | Rivista cartacea, Territorio|2 Comments

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2 Comments

  1. Ana Cristina Ganhão 4 Agosto 2020 al 17:55 - Rispondi

    Forse i bambini allo stesso tempo che stanno imparando, ci ensegnano, che per imparare non bisogna essere infelice, possiamo giocare e imparare alo stesso tempo, loro fanno così.

  2. Ana Cristina Ganhão 4 Agosto 2020 al 17:56 - Rispondi

    Forse i bambini allo stesso tempo che stanno imparando, ci ensegnano, che per imparare non bisogna essere infelice, possiamo giocare e imparare alo stesso tempo, loro fanno così.

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