QUARTIERI DAL MONDO

Kombinat non è mai stato solamente un quartiere. Un tempo la separazione dalla capitale era segnata dalla presenza delle aree industriali a ovest e subito dopo dai campi agricoli della zona di Yzberisht, un piccolo villaggio ai confini cittadini. Oggi, a causa della grande espansione urbanistica che ha investito Tirana dagli anni ’90, questo distacco non esiste più, ma si percepisce chiaramente entrando e osservando da vicino i luoghi e gli edifici di questo complesso.

Per arrivarci basta percorrere Rruga e Kavajes e farsi condurre per una decina di chilometri verso la periferia occidentale, oppure, se non si possiede un mezzo proprio, sfruttare l’unica linea non privata del servizio di trasporto pubblico, facilmente riconoscibile dalla scritta “Kinostudio-Kombinat” che recano i suoi autobus.

Attualmente, le estensioni di Kombinat sono unite al tessuto urbano di Tirana e alla campagna che la circonda, ma il complesso iniziale di abitazioni, realizzato su progetto russo in stile architettonico stalinista, rappresenta un punto di riferimento che segna l’inizio di un cambiamento epocale nella storia del popolo albanese.

Dopo la Seconda guerra mondiale, l’Albania entrò a far parte del blocco sovietico e l’industrializzazione, in ossequio alla dottrina marxista, non era solamente una scelta di stampo economico, ma un sistema che avrebbe creato nuove relazioni sociali fondamentali per lo sviluppo dello stato socialista. Un obiettivo che, viste le condizioni finanziarie e sociali in cui si trovava il paese, sarebbe stato irraggiungibile senza importanti aiuti finanziari dall’estero.

Nel 1949, uno dei primi investimenti dell’Urss nella terra delle aquile fu diretto alla costruzione di una manifattura tessile dal nome “Kombinati i Textileve Stalin”. Per onorare l’amicizia russo-albanese, l’inaugurazione avvenne nell’ottobre del 1951, in occasione dell’anniversario della Rivoluzione del 1917. L’impianto industriale prese il nome di Stalin e nella piazza centrale venne collocata la sua statua, demolita poi nel corso degli anni ’90.

La particolarità del Kombinat di Tirana, rispetto agli altri complessi industriali costruiti in quegli anni, è l’aver integrato nella sua configurazione urbana sia la fabbrica sia la parte residenziale, rendendo questo quartiere uno dei simboli di quella che la propaganda del tempo definiva la “rivoluzione socialista albanese”.

Famiglie provenienti da ogni angolo del paese iniziarono rapidamente a popolare Kombinat, che in pochissimo tempo divenne noto come “il quartiere delle donne” per via della altissima occupazione femminile nel processo industriale tessile.

Aspetto, questo, fondamentale per una spinta di emancipazione della società, considerando che i nuovi residenti provenivano quasi esclusivamente da aree remote dell’Albania, dove i nuclei famigliari vivevano in una sorta di patriarcato totalitario e in cui lo spostamento dei giovani (in particolare delle donne) nelle grandi città era difficile da tollerare.

Gli inizi, per Kombinat e per i suoi abitanti, non furono semplici. Le poche residenze edificate costrinsero la popolazione ad abitare nelle vicine caserme costruite dagli italiani durante il periodo del protettorato.
Data la distanza da Tirana, non bastava un banale sobborgo industriale, ma occorreva una piccola città con servizi indipendenti e un modello sociale che riflettesse la teoria marxista. In breve tempo, accanto agli stabilimenti, vennero costruiti condomini, scuole, asili, ospedali e commissariati, a cui seguirono un teatro, un cinema, una biblioteca, alcuni impianti sportivi e aree verdi.

Oggi “Kombinati Tekstileve Stalin” non esiste più. Dello stabilimento industriale sono rimaste solo le mura, rovine che mostrano un passato sempre più lontano.

La vecchia popolazione degli operai tessili è ormai in netta minoranza e anche la configurazione del quartiere è mutata, con l’impianto urbano ispirato alla “razionalità sovietica” che ha lasciato spazio a un’architettura decisamente più spontanea e fantasiosa (a dire il vero molto comune in tutta l’Albania contemporanea).

In un’area passata dai 16mila abitanti del ’91 ai circa 90mila attuali, non esiste più la coesione tra vecchi e nuovi residenti, vanto peculiare della Kombinat di un tempo. È diventato uno dei quartieri più problematici di Tirana, con livelli altissimi di disoccupazione e criminalità.

Ci sono però tanti bambini, che giocano in mezzo al mercato popolare che investe ogni via del quartiere fino alla piazza principale dove sorgeva la statua di Stalin. Adesso c’è rimasto solo un piedistallo, in attesa, chissà, del prossimo monumento che detterà le regole su cui costruire la nuova “città ideale”.

 

Di Gianluigi Spinaci

Illustrazione di Francesca Murgia

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