“Senza i residenti, il rione si è impoverito tutto, è diventato terra di nessuno”

 

In un pomeriggio d’inverno davanti a un caffè in via Mameli Stefania mi racconta perché non abita più a Trastevere. «Mia nonna stava qui vicino, è stata sfrattata negli anni Settanta. Tre giorni, tre giorni le hanno dato per lasciare la casa di via San Francesco a Ripa. Noi siamo rimasti nel rione, ma poi qualche anno fa abbiamo dovuto vendere la casa». Quando mi racconta della vita di Trastevere, delle sue cantine dove si faceva musica, dei cinema e degli incontri per strada, Stefania sorride.

 

Lo svuotamento del rione risale al ventennio 1951-1971 quando le case, vecchie, buie e fatiscenti, molte senza bagno, cominciarono ad essere appetibili sul mercato immobiliare. Molti abitanti di Trastevere furono sfrattati o scelsero di trasferirsi in quartieri di nuova costruzione, come Magliana e Marconi, detta Via Marchini per il nome del suo costruttore, in appartamenti più decenti. I trasteverini anziani mi raccontano questo momento, e a sentirli sembra quasi che si trattò di uno scambio, la casa vecchia per la nuova. Ma il vero affare era la casa vecchia. Con le ristrutturazioni i valori immobiliari salirono e con i nuovi residenti, più affluenti di quelli di prima, sbiadì a poco a poco il carattere popolare e anche criminale del rione. Artisti, intellettuali, protagonisti del mondo della cultura, i primi stranieri, gli Americani. John, un americano capitato a Roma alla fine degli anni Sessanta, abitava proprio sopra il Bar San Calisto. «Mi piaceva Trastevere… ma i trasteverini si prendevano un sacco di confidenze con me, non ero abituato a questo loro modo di fare» mi racconta. John era un frequentatore assiduo del Cinema Pasquino, che proiettava film in lingua inglese. C’erano i film e c’era lei, la cassiera. «Parlava italiano con accento americano e sfoggiava sempre un gran sorriso sotto una immensa chioma bionda» ricorda John.

 

Oggi a Trastevere al posto dei cinema si fanno le case e al posto delle case si fanno gli alberghi. Dal centro di Piazza San Cosimato si vede bene: bisogna guardare prima a destra, verso il Cinema America che non c’è più, dove il proprietario voleva tirar su una palazzina di case nuove. Poi a sinistra, all’edificio ad angolo con via Morosini dove c’era il Bar Roma Libera, che a dispetto del nome è stato comprato da una società araba, che aprirà un grande albergo. Così, il cinema non resta che farlo in piazza. Tornando in piazza San Calisto, basta alzare lo sguardo sopra il bar per vedere come anche qui le case ospitino non più residenti, per quanto americani, ma turisti, da ogni parte del mondo.

 

Tanti che non hanno abitato a Trastevere mi dicono «eh ma che vuoi, Trastevere è sempre stata turistica». Ma io non credo. Dopo gli americani, gli artisti e le signore agghindate, che comunque ci abitavano, c’è stato un momento in cui gli abitanti sono proprio scomparsi. È stato una decina di anni fa. «Con la crisi molti hanno venduto. I nipoti che ereditavano dai nonni, ma anche chi era venuto a vivere qui, tutti hanno venduto» mi racconta Stefania, nel suo ristorante dietro Piazza Trilussa. «Oggi a Trastevere manca proprio la figura del residente, nessuno controlla più se l’Ama è passata, se c’è una buca nella strada, se il vicino fa cagnara. Senza residenti, il rione si è impoverito tutto, è diventato terra di nessuno».

 

Nel Primo Municipio si trovano 15.700 dei circa 30.000 annunci di case in affitto a turisti su Airbnb a Roma. Questo fatto delle case intere affittate tutto l’anno a turisti non è sempre stato così. È avvenuto intorno al 2000, ma il boom c’è stato qualche anno più tardi, e i romani sono diventati improvvisamente tutti affittacamere. Chi affittava una stanza, chi la sua – e andava a dormire dal vicino, chi tutta la casa, chi più di una casa. E chi le case si è proprio messo a comprarle per fare l’affittacamere di professione. Questa tipologia alla fine ha prevalso su tutti gli altri, facendoli fuori e mandando fallite pure le pensioni e gli hotel con poche stelle, visto che c’era. «Oggi chi ha dieci case in affitto su Airbnb viene da noi e ci chiede di trovargliene altre dieci!» mi racconta Anna, che lavora in un’agenzia immobiliare all’Esquilino, il rione in assoluto più saturo di B&B con quasi 4.000 case su Airbnb. «Adesso non si tratta più di arrotondare, ma di fare affari» dice Anna. Nei rioni più centrali di Roma oggi a ogni due residenti stabile corrisponde un posto letto su Airbnb.

 

Nel cosiddetto angolo della movida di Trastevere, tra via della Scala e vicolo del Cinque, dove i decibel toccano quota 96, le strade sono un tappeto di tappi di sughero incastrati fra i sampietrini calpestati da masse di turisti scaricati lì da taxi e da pulmini scuri. I panni si vedono ancora stesi ad asciugare alle finestre in vicolo del Cedro – oggi hanno i doppi vetri. È quasi una licenza turistica alle norme sul decoro, e i cappi con cui erano legati per scoraggiare i furti non ci sono più. Certo, questo non significa che i furti siano cessati. «Questo tipo di commercio sta letteralmente distruggendo il rione – prosegue Stefania – Per pulire le fessure dei sampietrini l’AMA passa con spazzole di ferro che stanno corrodendo le strade e i bordi dei vecchi palazzi».

 

«Il turismo porta ricchezza!» gridano i sindaci e gli assessori. «Il centro è vuoto!» titola il giorno dopo Il Messaggero. Ogni anno circa 40 milioni di turisti visitano Roma e a quanto pare spendono, spendono, e spendono. 7,2 miliardi di euro nel 2017, secondo l’ex Assessore al turismo. Ma dove finiscono, tutti questi soldi, esattamente? Perché a guardare Roma non si capisce mica. Alzando il naso sopra buche e i cassonetti stracolmi, le strade del centro appaiono come una sequenza di negozi di gadget e souvenir, ristoranti, paninerie, piadinerie, birrerie, creperie, minimarket, fast-food, valigerie e catene commerciali che hanno via via sostituito i negozi necessari alla vita di tutti i giorni. «Chiusi 8mila negozi a Roma, aperti altrettanti negli ultimi cinque anni, con un saldo negativo di circa 600 attività» sono i dati della Camera di Commercio riportati da Il Messaggero. Eh. Va il lusso, sì, quello va. Gli hotel e i negozi di lusso in centro. E poi Airbnb, paninerie e negozi di gadget. E in mezzo? Il nulla. Tutti quelli che stavano in mezzo sono spariti. Pian piano sono scomparsi i bottegai, gli artisti, i musicisti, i matti e i signori distinti, i clienti abituali, gli abitanti nuovi e vecchi, la cassiera bionda e al fruttarolo lì di fronte. Certo le case sono rimaste, e sono molto più belle di prima. Peccato che siano vuote.

 

Forse un giorno ci sarà un passaparola mondiale e i turisti smetteranno di venire a frotte a Trastevere. Perché in fondo cosa ci sarà più da vedere, a questi ritmi, se non una vecchia fotografia e del cibo finto su tovaglie a quadretti? Forse allora Trastevere starà un poco immersa nel sole mattutino e in silenzio stiracchierà i suoi vicoli al suono dei primi passi sui sampietrini, dei bimbi che vanno a scuola e degli anziani che si avviano a fare la spesa, dei motorini e dei freni delle biciclette e di tutti passi degli abitanti che vanno e vengono, su e giù, che entrano ed escono, che chiudono i portoni, si salutano, e tornano a casa.

 

Di Sarah Gainsforth

Illustrazione di Elisa Lipizzi

LEGGI ANCHE: “Sir, uonna camm tu it samting?”