Te ne stai lì ad asciugare i bicchieri col panno, canticchi la canzoncina che passa la radio, pensi a quello che ti mangerai domani e alla carne in frigo che forse sta andando a male. Fai avanti e indietro in un minuscolo spazio vitale. Il tuo lavoro è dar da bere agli assetati, cristiano, facile, si potrebbe pensare. Devi sorridere, essere accomodante, assecondare i bisogni delle persone, anche se ti rode, anche se quelle persone ti stanno sul culo. Sorridi. Grande attrice, tieni a tutti gli effetti banco, il tuo palcoscenico, intrattieni, parli di cose di cui non te ne frega un cazzo, provi a fare tutto più velocemente possibile. “Prego” dici spesso “mi dica”. È sabato sera, la sera in cui aprono le gabbie, in cui escono tutti e vengono tutti a Trastevere. Alla gente, pare, piace stare in mezzo alla marmaglia. Cerchi di camuffare la tua ironia quando ti chiedono uno spritz con il blue curacao o un gin tonic con poca vodka o una spremuta di melograno corretta con il Baileys. “Certo” dici “che cazzo te stai a beve?” pensi.

Ed eccole là le 5 americane truccate di stucco, col tacco 12 a spillo sui sampietrini infami, strizzate in dei tubini color fluo a cavallo tra l’essere reginetta del Wisconsin e l’ambizione di divenire Paris Hilton, che ti chiedono 5 cocktail diversi, tutti estremamente dolci da bere in coppa martini col mignoletto alzato che fa molto francese, a loro pensare. E ti chiedono cose tipo “com’è l’uomo italiano? Er macho latino”. E tu pensi solo “Cristo iddio vi ha veramente spezzato il cuore il vostro dumby quarterback se pensate che uno di Roma di sabato sera possa medicare le vostre ferite sentimentali”. E magari cercano di entrare in conversazioni per loro “local” “real Romans” chiedendoti dove possono bere qualcosa in un quartiere che sia di nicchia, solo romano, magari ruvido “rough”, e tu sei a un passo da consigliargli quello strip club a Tor Lupara, invece sei buona, e le mandi in un posto un po’ più innocuo tipo il Cinodromo o il Forte Prenestino dove sicuramente qualcuno da fare felice lo troveranno.

E poi ci sta il pazzo schizofrenico cui la Legge Basaglia ha regalato la libertà, di cui ti domandi se è il caso di continuare a servigli da bere mentre ti racconta quanto lui sia bolscevico nell’essere, mentre ti vuole far partecipe della sua andatura di corpo, mentre è così oculato nel raccontarti la sua ultima esperienza sessuale, mentre a te ovviamente non te ne frega niente, se non per il fatto che pure uno che pensa che le donne so bone solo a fa’ la cicoria scopa più di te.

Ed eccola là la coppia alla prima uscita che ti arriva sorridendo per dimostrare all’altro che è una persona gentile, che sa stare al mondo, tutti sciolti nei loro preliminari che si annusano i ferormoni per captare qualche suggerimento sessuale, per capire se effettivamente siano o no compatibili. Ma tu già lo sai prima di loro se potranno andare bene. Se lui ordina per lei, se nessuno dei due paga per l’altro, se lei beve whisky e lui una birra piccola, se lei chiede a lui di guardargli la porta del bagno, se lui guarda i culi delle altre, se lei inizia a parlare della sua ultima relazione, se uno dei due non vuole più bere perché domani si deve svegliare presto o deve portare giù il cane o gli scade lo yogurt e se infine chiacchierano con te piuttosto che parlarsi tra di loro, no: non è cosa.

O anche la coppia arrivata al capolinea che sta litigando davanti a te, che per non menarsi sono andati in un luogo pubblico e che a distanza di un bancone si dicono delle cose indecenti, e tu vorresti scomparire e lasciargli spazio, ma non puoi, sei inevitabilmente davanti a loro, e pur fingendo tanatosi non puoi non passargli davanti fischiettando, no, non sto ascoltando che ti sei scopato la cugina e lei per ripicca s’è scopata tu fratello. No, non senti. Non è vero. E ti viene da intervenire un po’, non lo fai, dici solo “volete altro?”.

Ma quelli che più preferisci in assoluto sono quelli che si muovono in massa, quelli degli addii al celibato o nubilato. Quelli “che schifo ora mi sposo” che vanno in giro con le magliette game over o con le bambole gonfiabili a provare a rimorchiare l’ultima volta prima che sia finita la possibilità di farlo. Quelli che “ci fai 35 shots a 6 euro”. Quelle che vanno in giro coi cazzi in testa. I cazzi in testa! (bestemmia). Ma che cazzo di accessorio è? Future mamme pancine che aspettano con la cena in caldo il marito che “è andato a giocare a pallone”. Magari effettivamente si scopassero qualcuno prima del matrimonio. No. Vogliono vedere se ancora je la fanno. Il famoso contentino “oh ancora sono piacente”. Squittio. Ve le meritate quelle conversazioni con la suocera “tu come lo fai il brodo di pollo?” . Quelli che si sposano perché a nonna fa piacere, quella che gli amici senza fantasia invece di organizzare qualcosa di speciale spendono comunque 100 euro a testa per andare a bere a Trastevere, “il mio amico si sposa mo con chi cazzo esco”, “quella stronza della tua compagna che ti ha portato via da cotanto divertimento”. Con la lista di cose “pazze da fare”, che include “baciare una sconosciuta” e manco gli aregge , finisce tutto pizza e fichi con un bacetto sulla guancia, matti fracichi.

Ma dall’estate del 2010 che c’è una frase che usi più di tutte. Una sola. Da quando Alemanno ha vietato il vetro dopo le 22 e la plastica dopo le 24. Da quando non è più possibile l’asporto, non si può più bere in strada, e tutti sempre ti chiedono, almeno 60 volte in una sera “manco in plastica?”. Cazzarola sono quasi 10 anni. 10 anni. E le prime volte durante la serata ti esce anche bene, anche gentile, “no mi dispiace”. Ma poi, per evitare e salvaguardare giugulari lo anticipi e lo dici, sprezzante “vietata la vendita da asporto vuol dire esattamente questo: MANCO IN PLASTICA”. Gesù cristo.

 

Di Giovanna Santirocco

Illustrazione di Ludovica CefaloFB

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