QUARTIERI DAL MONDO

 

L’anno scorso, più o meno di questi tempi, sono andata in Giappone. Quando vedi Tokyo per la prima volta, è impossibile non rimanere sbalorditi. Nel mio caso ho passato più di un’ora, da quando ho ritirato il mio zaino all’aeroporto fino all’arrivo in ostello, a bocca spalancata. Liceali in gonnellino e calzette al ginocchio, sale fumose con file di slot machine luminose e tintinnanti, snack incomprensibili venduti nei 7-Eleven.

Dopo un po’ richiudi la bocca, ma di certo non smetti di sbalordirti. Tokyo, il più delle volte, sembra un luna park più che una gigantesca metropoli. E questo non riguarda solo i quartieri dichiaratamente eccentrici, Harajuku per esempio, nel grande quartiere di Shibuya, con le sue Harajuku Girls vestite da bamboline dell’Ottocento. Riguarda anche le zone “normali”, come Shinjuku, uno dei 23 quartieri speciali di Tokyo. I quartieri speciali sono delle circoscrizioni aventi lo status di municipalità, suddivisione amministrativa che può essere di quattro tipi: città, cittadine, villaggi e i quartieri speciali di Tokyo, che hanno una loro autonomia ma devono coordinarsi e rispondere al Governo metropolitano di Tokyo. Shinjuku prese la sua forma corrente nel 1923 dopo il Grande Terremoto della pianura del Kanto (denominato grande a ragione, data la magnitudine 7.9 e la durata stimata fra i 4 e i 10 minuti). Fu una delle aeree che si sviluppò più rapidamente, perché sismicamente stabile. Chiunque sia andato in Giappone ha una storia buffa sui terremoti. Io per esempio ero a Nikko, località di montagna vicina a Tokyo, famosa per il suo bellissimo ponte rosso. Dormivo e sognavo di essere in macchina con un mio caro amico a Piazza Venezia. Al suo “Guarda i San Pietrini come si muovono!” ho aperto gli occhi e in realtà erano il mio letto e le mie pareti di legno e carta di riso a muoversi. Terrorizzata sono corsa giù gridando “Earthquake! Earthquake!” e un signore che spolverava i mobili mi ha sorriso, annuendo contento. A Shinuku probabilmente non sarebbe successo. Per questo è una delle zone in cui  sorgono più grattacieli, alti da farti girar la testa, anche se non è l’altezza a sbalordire, ma piuttosto il fatto che le finestre sono luminose e ballerine. I grattacieli di Shinjuku sono infatti vestiti di schermi variopinti, su cui scorrono immagini di ogni tipo: pubblicità, trailer, esibizioni di gruppi musicali. A Shinjuku gli scenari futuristici non sono confinati in narrazione cinematografiche o letterarie. Sono semplicemente lì davanti a te.

Visitare Shinjuku è un’esperienza magica anche solo se cammini su e giù in strada. Ci sono i palazzi dei videogiochi: ogni piano di queste sale giochi giganti ospita diversi tipi di videogame per ogni gusto e età. Ricordo un signore in giacca e cravatta che si rilassava simulando la guida di un treno della linea metro Yamamote. Proprio quest’anno Shinjuku doveva essere uno dei poli più importanti per le Olimpiadi 2020, rimandate al 2021 per ovvi motivi. Nel 2015 lo Stadio nazionale olimpico di Tokyo, inaugurato nel 1958 e sede dei giochi olimpici del 1964, è stato demolito per lasciare il posto al Nuovo Stadio Nazionale, opera dell’architetto giapponese Kengo Kuma. I lavori iniziati per le Olimpiadi a dicembre 2016 sono stati completati a dicembre 2019. Un’opera straordinaria portata a termine in tre anni.

A Shinjuku c’è anche il Cinema Toho. Un enorme Godzilla sovrasta il palazzo multisala con i suoi artigli. Io ci ho visto il live action di Aladdin. Ero elettrizzata, in primis per l’incredibile vassoio porta pop corn, con cui avrei potuto ballare senza farne cadere neanche uno. Ma soprattutto perché lo spot precedente al film non solo suggeriva di spegnere il cellulare ma anche di stare attenti a non dare calci al sedile davanti, e questa mi è sembrata una forma di grande civiltà. Ma durante il film mi sono sentita un po’ a disagio, perché il pubblico era davvero troppo composto e anche quando rideva, lo faceva silenziosamente. Il mio vicino rideva come un matto ma non muoveva un singolo muscolo.

La compostezza è sicuramente una delle caratteristiche del Giappone che sconvolge di più, ammirevole e spaventosa al contempo. E nel particolare di Tokyo e ancora più nel particolare di Shinjuku. Come si può essere composti in un posto dove i palazzi si illuminano, ad ogni ora del giorno e della notte, come alberi di Natale? Camminando per le larghe strade, attraversi anche tu in modo composto le incomprensibili strisce pedonali. I giapponesi sono così tanti che se non fossero composti morirebbero soffocati sovrastandosi l’un l’altro. A Shinjuku tutto suona. Da dove arrivano tutti questi suoni? Non dai karoke bar che occupano le stanze alte dei palazzi, accanto a ristoranti nascosti e a casupole sgangherate dove bere il sake ghiacciato. In un attimo ti ritrovi a Kabukicho, il quartiere a luci rosse interno a Shinjuku, pullulante di love hotel, night club e soap land (dove si va ufficialmente per lavarsi ma dove in realtà si possono avere rapporti con le prostitute).

Nella grande stazione della metro di Shinjuku è invece subito chiaro che i jingle canterini suonano dai binari, ogni volta che arriva una metro. Nel 1989 la JR East ha affidato all’azienda musicale Yamaha, la realizzazione di melodie da utilizzare sulle linee ferroviarie per avvisare i passeggeri dell’arrivo del treno. Questo dopo che venne effettuato uno studio che riportava che la maggior parte dei cittadini erano stressati dalla campana persistente che annunciava l’entrata in stazione dei vagoni. Così si decise di utilizzare delle melodie: ce ne sono di diverse come la Tooi aozora (lontano cielo blu) o Ogawa no seseragi ( lo scroscio del ruscello). L’effetto luna park è di nuovo assicurato, manca solo il profumo delle noccioline caramellate.

La stazione di Shinjuku è iscritta nel Guinness dei primati per essere la prima stazione più frequentata al mondo, con oltre 3,5 milioni di persone che transitano ogni giorno, vale a dire 200.000 persone l’ora. Persone ovviamente composte. È come una grande città sotterranea e conta più di 200 uscite. È attraversata sia dalla JR con le sue sette linee che dalla linea ferroviaria Odakyū, la cui diramazione Odawara esce da Tokyo e arriva alla città costiera di Odawara passando per le montagne di Hakone (famose per i laghi e per le terme, che ti cuociono bene bene sotto la luna).

Un consiglio che tutte le guide danno, e lo danno dal più profondo del cuore, è quello di non perdersi nella stazione di Shinjuku. Ovviamente a me è successo, e sono stati minuti terribili: dovevo recuperare il mio zaino ad un deposito bagagli che non trovavo più. Avevo 15 minuti prima della chiusura, come in un videogioco adrenalinico.

Ma per la stazione di Shinjuku ho anche un aneddoto felice, a cui ripenso spesso e che mi sembra perfetto per riassumere la meravigliosa stranezza del Giappone. Un pomeriggio pioveva una pioggia monsonica, di quelle da cui è impossibile sfuggire. Decido di comprarmi un ombrello sotto la metro. Entro in un negozio e indico alla commessa un ombrellino rosa. Lei mi sorride, lo apre incurante di ogni superstizione, prende uno spruzzino e ci spruzza dell’acqua sopra, annuendo soddisfatta. Sorrido ma dentro di me penso: “Ok, è un ombrello, non devi dimostrarmi che è impermeabile”. Lei capisce che non capisco e spruzza ancora sorridendo. Alla fine lo compro, un po’ interdetta. Esco dalla stazione, è sera, c’è il diluvio e la città brilla più di un diamante. Mi copro bene, chiudo il fedele K-way e apro l’ombrello sotto la pioggia. Al contatto con l’acqua, compaiono sul tessuto impermeabile tanti coniglietti e fiorellini, intermittenti per via delle luci dei grattacieli che ne riempono la trasparenza rosa. E io spalanco la bocca per l’ennesima volta. Quell’ombrellino bellissimo poi l’ho perso. Ma non è successo a Shinjuku, quindi direi che questa è un’altra storia…

 

 

Di Alice Catucci

Illustrato da Enton Nazeraj