Salendo da via Dandolo, all’altezza dei Fortini, si vede un muraglione puntellato da pali di ferro: è la nostra villa che viene giù

Quando Bernardo Bertolucci fece il suo esordio alla regia nel 1962 con il film “La comare secca”, tratto da un soggetto di Pier Paolo Pasolini, per l’ambientazione non volle allontanarsi un granché dalla casa di Monteverde in cui viveva all’epoca. Scelse infatti la vicina Villa Sciarra come palcoscenico per quella drammatica storia, che se fosse stata vera quel matto der Principessa non ci avrebbe pensato un attimo a pubblicarla tra le sue storiacce. Anche in questo articolo, non me ne voglia il mio collega, si parla di una brutta storia, con la differenza che stavolta la villa non le fa da sfondo, bensì interpreta il ruolo della protagonista, o meglio, della vittima.

“Giovanò, io qua ce vengo da quanno so’ regazzina. Me ce so’ data li primi baci co’ la bonanima de mi’ marito e ancora adesso, arrivata all’età mia, quasi tutti i giorni me faccio via Dandolo in salita e resto ‘n po’ qua a ricordamme de li bei tempi annati”. Mentre parla della sua Villa Sciarra seduta su una panchina, la Sora Teresa tiene la mascherina alzata, ma i suoi occhi non nascondono l’emozione che sta provando mentre torna indietro con i ricordi. “Certo che la dovrebbero tenè ‘n pochetto mejo. Un po’ d’anni fa era crollato un muro qua sotto, avevano pure chiuso la strada, mo non so se l’hanno riparato”.

Non è più una ragazzina, ma la memoria di Teresa è ancora ottima: la cinta che circonda la villa è pericolante da quando, nel 1982, franò il tratto di via Aurelio Saffi subito dopo via delle Mura Gianicolensi, nella zona dei Fortini, dove Garibaldi e i suoi resistettero nel 1849 prima di arrendersi al fuoco francese che voleva riportare il Papa sul suo trono.

Ma quale fu la causa di quel terribile crollo?

Tutto risale a poco tempo prima. Negli anni Settanta un costruttore, tale Piperno, per realizzare quel palazzo che si affaccia sul lato sinistro di via Dandolo, salendo da Trastevere all’altezza della grande curva, come si dice in gergo, sbancò senza colpo ferire sulla collina di Villa Sciarra, che da allora è inesorabilmente in frana. Dopo l’82, la massicciata della collina venne tamponata, approntando un rinforzo in cemento armato alla base. Per evitare che i passanti si potessero ferire con successivi e probabili crolli, fu montata una recinzione che occupò mezza carreggiata di via Saffi, imponendo il senso unico per chi scende.

Oggi, a quasi quarant’anni da quell’intervento “riparatore”, la situazione si sta aggravando sempre più. Basta farsi via Dandolo in salita, infatti, per vedere, all’altezza dei Fortini, un muraglione puntellato da pali di ferro. Bene, quella è Villa Sciarra che crolla.

Cercando di capire perché in tutto questo tempo l’amministrazione pubblica non abbia mai messo in atto dei lavori strutturali su quel quadrante della villa, si è scoperto un fatto particolare: Villa Sciarra non è di competenza di Roma Capitale, bensì del Demanio. Il motivo è presto detto: quando Henriette Wurts decise di donarla al governo italiano nel 1932, il Comune di Roma non esisteva ancora. Il Governatorato, allora, prese in carico le competenze sulla villa, gestendola fino al Dopoguerra. Caduto il Fascismo, Villa Sciarra non passò sotto il controllo del Campidoglio, come gran parte dei giardini della città, bensì del Demanio dello Stato.

Proprio per la natura stessa dell’ente, che ha altre questioni di cui occuparsi, la gestione della villa fu parzialmente affidata al Comune attraverso una concessione quarantennale. Questa concessione, tuttavia, era relativa solamente al verde pubblico e alla manutenzione ordinaria, mentre per tutto ciò che concerneva gli interventi strutturali, idrogeologici e di manutenzione straordinaria, la competenza restava in mano al Demanio, che negli anni non ha mai mosso un dito in questo senso.

E così, cinque anni fa, stanchi di vedere la villa trascinarsi in una condizione di perenne degrado, un gruppo di cittadini e di cittadine hanno costituito l’associazione degli “Amici di Villa Sciarra”.

“Frequentando quasi giornalmente la villa”, racconta Annalaura Bussa, giornalista parlamentare e presidente dell’associazione, “abbiamo scoperto molte cose. Alcune erano sconosciute anche alle istituzioni”. Già, perché controllando i vari atti è venuto fuori che la concessione del Demanio nei confronti del Comune è scaduta da almeno un paio d’anni.

“A quel punto, l’unico modo per non far cadere Villa Sciarra nel totale abbandono era quello di spezzettare le varie competenze tra i diversi enti, lasciando al Comune la gestione del verde del parco nonostante la concessione fosse già scaduta”, spiega Bussa.

È stato così creato un Tavolo tecnico che ha riunito tutti gli attori che avessero un interesse sulla villa (la Sovrintendenza per la parte storico-architettonica, Acea per quanto riguarda le fontane e il Comune per le aree verdi), coinvolgendo anche gli “Amici di Villa Sciarra”, dando così vita al primo esempio di gestione condivisa di un bene comune nella nostra città.

“Durante le riunioni del Tavolo tecnico si cerca di studiare delle soluzioni ai vari problemi di Villa Sciarra. Dalla pulizia alla mancanza di acqua nelle fontane. Abbiamo pulito i viali, ricostruito l’antico gazebo, sistemato il parco giochi e presto, grazie a un volontario, ristruttureremo la pagoda cinese che risale al 1860. Ma senza un intervento strutturale diventa tutto inutile, perché la villa sta crollando inesorabilmente”.

La paura di un’imminente nuovo crollo delle mura che cingono la parte bassa di Villa Sciarra è dovuta a un’altra scoperta fatta negli ultimi tempi.

All’interno del parco, infatti, è presente l’antichissima sorgente Furrina che, secondo i calcoli, se fosse funzionante sarebbe in grado di appagare il consumo d’acqua di tutta Trastevere. Il problema è che non solo la fonte non è attiva (non riuscendo nemmeno a dare acqua alle fontane del parco in cui si trova), ma che i suoi tubi sono arrugginiti e danneggiati in più punti, creando così grosse perdite che vanno a finire proprio sotto i palazzi di via Dandolo, facendo lentamente franare il terreno sottostante, con i pericoli che chiunque può immaginare.

Il bello, si fa per dire, è che il progetto di manutenzione straordinaria per evitare altri crolli come quello dell’82 già è pronto e prevede un piano decennale che comporta degli interventi di enorme portata ma indispensabili per evitare il peggio.

E allora, cosa si sta aspettando per fare partire i lavori? Il punto, sembra assurdo, è sempre lo stesso. Manca il via libera del Demanio, che come abbiamo visto mantiene tutte le competenze più importanti su Villa Sciarra. Senza quello, l’iter burocratico necessario non si può avviare.

Da quanto si è appreso, sembra che dopo una serie di sollecitazioni da parte del Tavolo tecnico il Demanio stia cominciando a prendere in considerazione l’idea di cedere la villa a Roma Capitale, in modo da far cessare questo ridicolo balletto di competenze e di relativi scaricabarili.

C’è solo da augurarsi che non ci mettano altri quarant’anni, o almeno che facciano in tempo prima che Villa Sciarra crolli per davvero.

 

Di Gianluigi Spinaci

Illustrato da Wuarky