Intervista a Franco, che da oltre trent’anni vende fazzoletti e regala sorrisi agli automobilisti che transitano all’incrocio tra viale Trastevere e via Tavolacci

 

Ciao Franco! Che si dice? Come è andata stamattina?

Ciao regà! Tutto bene! Oggi però non se lavora. Sarà er tempo. Quando ce sta er cielo grigio come adesso la gente se intristisce. Poi appena esce er sole stanno tutti allegri! Le persone vanno col tempo. Vabbè, annamosene ar bar qua davanti a prende un caffè.

Da quanto tempo stai a questo semaforo?

Dal 1985. Sono la bellezza di 34 anni che sto qua. Per alcuni tempi ho lavorato anche in maniera più stabile, diciamo, ma poi alla fine ce stanno sempre dei problemi, e quindi je faccio “ciao ciao” e me rimetto qua.

Perché proprio a Trastevere e a questo incrocio?

Io qua ce venivo sempre da ragazzo, il venerdì e il sabato sera con gli amici, un po’ come si fa anche oggi. Partivo col treno da Ostia insieme a una banda di ragazzini tra i quindici e i vent’anni. Poi, nell’85, ho perso il mio lavoro fisso e ho conosciuto mia moglie, e sono cominciate le prime difficoltà. Facevo il portiere in alcuni palazzi, prima era quello il mio mestiere. A quel punto ho cominciato a mettermi a questo semaforo, all’inizio insieme ad alcuni dei ragazzi di Ostia. Nel tempo però questi, uno dopo l’altro, sono tutti spariti. Io invece ‘ndo andavo? C’avevo famiglia e spese da affrontare e quindi mi sono diciamo stabilizzato qua. Non c’è un motivo particolare per cui me metto sempre qua. Penso che anche se mi spostassi da un’altra parte lavorerei ugualmente, ma vuoi mette’ stare qua?

Ci racconti la tua giornata tipo?

Me svejo tutte le mattine alle 5. E se nun me svejo da solo ce pensano i miei cagnolini. Ne ho tre, piccoletti. Quelli me danno la proroga al massimo fino alle 5 e un quarto: a quell’ora me cominciano a leccà come pe’ dimme “annamo, annamo, annamo”, e così me tocca portalli fuori. Poi c’ho pure i pappagalli: nun me faccio mancà niente! E quindi metti da magnà ai pappagalli, na cosa e ‘n altra, e in un attimo se fanno le sette e mezza. Calcola che devo portà a spasso pure mi moje: e quindi aridaje a mette er guinzaglio e la museruola pure a lei, perché è molto pericolosa! Ahahah!! Alla fine, sempre tra na cosa e ‘n altra, arrivo qua verso le nove, attacco a lavorà e me ne vado per le 6 e qualcosa.

Che ci facevi prima con quel sacco della spazzatura in mano?

Hai visto che c’avevo la monnezza? È de una delle vecchiette del quartiere a cui do na mano. Je porto la spesa, soprattutto le bottiglie d’acqua che pesano, je butto la monnezza appunto, ste cose qua. Loro me danno la mancetta come ai regazzini e io in un certo senso faccio un servizio sociale. Che poi se vengono a sape’ che le chiamo vecchiette me sfonnano! C’hanno ottant’anni ma so’ parecchio energiche! Ahahah!

Cosa vi dite con le persone che incontri al semaforo?

In quel breve lasso di tempo tra il rosso e il verde me raccontano i loro problemi. Se parla de tutto, de ogni situazione della vita che capita alla gente. Io cerco di incoraggiarle, magari dargli un piccolo consiglio o fargli una battuta. Poi io so’ uno che vede sempre il lato positivo nelle cose: “Dai che va tutto bene”, dico sempre. La mia forza, che spero di trasmettere agli altri, è il mio sorriso. Tant’è vero che quando so’ nato io mica piangevo, ridevo! La dottoressa che m’ha tirato fori era talmente brutta, c’aveva pure li baffi, che me so’ messo a ride. Quella s’è arrabbiata e ha m’detto: “Ridi eh? Mo te faccio vede’ io!”. Così m’ha menato e m’ha fatto piagne! Ahahaha!!

Come è cambiata la strada da quando hai iniziato a lavorare qua?

È cambiata tanto. Prima non c’era tutto sto degrado. Ma pure le persone so’ cambiate. Cioè, boh, me pareno tutti matti. Che poi per carità, erano matti pure na volta, però mo vedi la gente che parla da sola. Io sono na sorta de psicologo: ce parlo con le persone. Con me se sfogano, me raccontano, so er loro dottore. Se può dì che sono uno psicologo stradale. Che poi me ce so’ pure laureato in psicologia stradale!! Ce l’ho solo io! Ahahah!! Però devo dire che tanta gente ce passa apposta qua davanti solo per salutarmi, per darmi una mano e sostenermi. C’è stato un periodo in cui ho affrontato un sacco di situazioni difficili. Qualcuno se lo ricorderà, ma io un tempo mentre lavoravo ero costretto a lasciare i miei ragazzini seduti sul muretto. Ve parlo de trent’anni fa, quando mi sono ritrovato senza casa e andammo a vivere in una roulotte. Che potevo fa’? ‘Ndo li mettevo? La gente molte volte se fermava pure a facce le fotografie. Ogni tanto passava mia moglie che li portava a giocare un po’ a San Cosimato. Poi c’è stato un periodo in cui nun ce facevano lavorà ai semafori. Sarà stato circa na ventina de anni fa. Avevano proprio messo er divieto. E così ho cercto lavoro al mercato ma non sono riuscito a trovarlo. Andavo in giro a suonà ai portoni dei palazzi per chiedere se alle persone je servisse qualche cosa. Poi s’è messo in mezzo er Papa polacco, che c’aveva tutti i suoi connazionali qua che lavavano i vetri, che ha sbloccato la situazione.

Il ricordo più bello che hai legato a questo posto

‘Na volta, era il 1996, m’hanno intervistato per il Messaggero. È stata una bella esperienza perché per me che nun ero e nun so’ nessuno non è cosa de tutti i giorni trovasse in prima pagina della cronaca di Roma. Dopo che è uscita quasi non je la facevo più tanta era la gente che veniva qua a fasse fa’ l’autografo. “Ao, sta bono – je dicevo – io non so nessuno”. Però è stato bello. Poi de cose divertenti ne capitano tutti i giorni: ‘na battuta, un piccolo gioco, cose così.

Ti saranno capitate davanti agli occhi anche scene meno piacevoli…

Ogni tanto per strada capitano anche cose brutte. Gente che litiga, che se pija a bottigliate, addirittura che s’ammazza. Pure a me personalmente ogni tanto succede de venì aggredito. Becchi tanta gente che sta pippata fracica, che scende dalla macchina e te vole menà. Ma perchè te la piji co me, dico io? Magari j’ho detto semplicemente un buongiorno. Certi pazzi guarda. Questi so’ episodi che te lasciano proprio… Io nun faccio niente de male, sto qui a fa’ la giornata. Che te devo dì, magari se la passano male, c’hanno avuto un periodaccio co le moji, coi mariti, che ne so?

Hai mai avuto la concorrenza di altri venditori a questo incrocio?

Eh avoja! Ce so’ venuti da tutto il mondo a sto semaforo. Dalla Polonia, dal Bangladesh, i rom. Io per un periodo me ne sono andato, dal 1999 al 2005, quando facevo il portiere e il giardiniere in un palazzo dalle parti delle Fosse Ardeatine, e quando so’ tornato c’ho trovato tutti ‘mbriaconi. Allora so’ dovuto scenne a compromessi, cerchi de lavorà tutti insieme. Poi però quelli se ‘mbriacavano, chi s’ammazzava de botte, chi s’è buttato ar Tevere, chi s’è impiccato… e so’ spariti tutti ‘n altra volta. Io là me ce metto per lavorà, no pe fa’ altre cose.

Che cosa vendi?

C’ho i fazzoletti, gli accendini, le penne, i deodoranti per le macchine, che io chiamo “l’alberelli che puzzano”. Però guarda che io mica c’ho cose banali. C’ho la penna che scrive, che non è scontato. Ho i fazzoletti freschi, di produzione propria, anzi, dal produttore al consumatore, a chilometro zero! C’ho sia quelli biologici sia quelli usati! Ahahah!! Poi conosco le lingue, almeno due frasi da dire ai turisti: “Hello my friend! How are you?”. Anche in francese: “Comment ça va, mon amie?”, oppure un altro classico: “Me cojon!!”, che in spagnolo diventa “Me cojones!”. La notte invece parlo russo. Faccio na caciara! Parlo e russo! Ahahah!!

Ci parli dei tuoi figli?

Domanda difficile. Ne ho uno che è proprio mio e altri cinque che erano quelli che aveva mia moje prima di conoscerla: me li so’ acchiappati tutti io e li ho cresciuti da quando erano piccolissimi. Na bella famiglia, anche se me danno ancora da fa’. I giovani so’ così: je dai centomila consigli però, anche quando sembra che t’ascoltano, alla fine fanno sempre de testa loro. Poi però quanno intruppano chi è che deve correre da loro? Io e mi moje che se mettemo a fa i maratoneti…

Ti piace la vita?

Ammazza! Me piace sì! L’apprezzo tantissimo. Anche perché con tutto quello che ho passato me sarei dovuto suicidà da ‘n pezzo. E invece no. Se va avanti un giorno alla volta e campamo alla grande! Se uno comincia a piagnese addosso è finita…

 

Intervista di Giovanna Santirocco e Gianluigi Spinaci

Illustrazione di Elia Novecento

Leggi anche: Irina, professione escort: “I miei clienti preferiti? Gli ottantenni”