Luci di Trastevere

Il culto dei Boschi Sacri (in latino, Lucus, -i) era comune a molti popoli dell’antichità e durante tutto il periodo del paganesimo era fortemente radicato presso i Romani. Se ne trovano importanti testimonianze negli scritti classici, nei ritrovamenti e negli scavi che fanno riferimento alla Roma pre-imperiale.

Il Lucus nello specifico era la parte della Silva o del Nemus (bosco o selva comune) dove gli abitanti si riunivano per attendere ai riti religiosi e invocare le divinità a cui erano dedicati.

L’etimologia sembra indicare una radice indoeuropea da Leuk (luminosità, con un’accezione passiva) ed è quindi probabile che si riferisca più propriamente ad una radura, ad uno spazio nel bosco dove “piove luce”.

Nella Roma repubblicana i Luci, che rappresentano quindi concettualmente i primi templi, erano largamente diffusi, sia nella campagna che nell’Urbe.

Erano identificati da luoghi non coltivati, “selve terribili”, abitate da potenze divine, genii e spiriti di boschi, alberi e acque (fonti, sorgenti, fiumi).

Dagli scritti si apprende che erano due i Luci di Trastevere, il Lucus Albionarum e il Lucus Furrinae. Del primo, dedicato alla Dea alba della primavera e delle acque bianche, si ha notizia solamente dagli scritti di Festo.

Il Lucus Furrinae, invece, collocato tra l’ospedale San Gallicano e il Gianicolo, in corrispondenza del Parco di Villa Sciarra, è noto per essere stato teatro della morte di Gaio Gracco.

Qui il tribuno della plebe, secondo la tradizione più accreditata, si fece uccidere dal suo servo Filocrate dopo l’inutile fuga dall’Aventino.

Il bosco era dedicato a Furrina, antichissima divinità delle acque sotterranee, in corrispondenza proprio di una sorgente sita nell’attuale Parco di Villa Sciarra.

Questo era quindi il luogo dove ogni 25 luglio si celebravano le feste in onore della Dea, le Furrinales.

Con l’evoluzione del paganesimo, il culto della Dea del Gianicolo fu pian piano sostituito dal culto delle ninfe Furrine custodi della vendetta e della giustizia.

In seguito, a partire dal I sec., in corrispondenza del Bosco Sacro, nella parte meridionale della Villa, fu edificato, in onore delle ninfe ed altre divinità di origine orientale, il santuario siriaco, i cui resti sono visibili ancora oggi.

Nel corso dei secoli quindi i Boschi Sacri vennero sostituiti prima dalle Aediculae (strutture costituite da un piccolo timpano sorretto da due colonne che ospitavano statue o raffigurazioni di una divinità) e poi dal Sacellum (un’ara delimitata da un piccolo tratto di terreno cinto da un muro), fino ad arrivare ai veri e propri templi.

Questo passaggio non avvenne per sostituzione, ma fu un’evoluzione graduale, tanto che accanto ai più moderni templi continuavano a coesistere le edicole, i sacelli e gli alberi sacri.

Le edicole stesse già in origine collocate in corrispondenza di incroci o bivi cittadini, furono poi riprese dalla tradizione cattolica con le edicole mariane, le cosiddette “madonnelle”.

Un passaggio curioso e affascinante se si pensa che le madonnelle oltre alla funzione religiosa, hanno rappresentato per anni l’unica fonte di illuminazione notturna del nostro quartiere.

Luci di Trastevere quindi che in un certo senso permangono e riemergono nella storia e nei luoghi.

Così la neorinascimentale Villa Sciarra, un tempo selva terribile, popolata da spiriti dei boschi e potenze divine, appare oggi costellata di statue e raffigurazioni di ninfe, satiri e personaggi mitologici a testimonianza della sua origine pagana.

 

Di Andrea Cori

Illustrazione di Giulia Gardelli