“Io so’ un fanatico della religione mia. Il mio dio me dice che devo aiutà tutti: arabi, cristiani, ebrei, buddisti, e questa pe’ me è ‘na cosa bella. Pe’ questo me sento un fanatico. Questo è il fanatismo religioso, non la cattiveria o la violenza. Dio mi aiuta ad aiutà il prossimo”.

Mohamed, per tutti Mimmo, che ha il banco di pescheria al mercato di San Cosimato dal 2009, spiega così il l’attaccamento al suo credo, l’Islam.

Come racconta spesso, le sue più grandi passioni sono Dio, il lavoro e la “patata”, che come dice lui “sta bene col pesce” che vende ai suoi affezionati clienti trasteverini e ai migliori ristoranti di Roma. Ogni anno, in occasione del Natale e del Ramadan, insieme a sua moglie Enza e alla loro famiglia offre un pranzo o una cena a base di ostriche e fritti di mare a tutti i fortunati che si trovano a passare davanti alla pescheria.

Il Covid, con le sue restrizioni, ha interrotto momentaneamente questa meravigliosa tradizione, ma non è riuscito a fermare lo spirito di condivisione e amore verso gli altri che anima lo spirito di Mimmo.

Basta leggere alcuni passi del Corano – il libro sacro, la parola di Allah – per rimanere colpiti dal numero di volte in cui ricorre il concetto di “carità”. Diversi hadith, detti del profeta Muhammad, Maometto, si riferiscono a questo profondo sentimento e senso di fratellanza. Uno di questi dice: “Nessuno di voi sarà un vero credente finché non amerà per il fratello ciò che ama per sé stesso”. Nutrire i poveri e i bisognosi, sostenere gli orfani, i parenti, gli altri in generale, sono riferimenti che dimostrano quanto la carità sia al centro della vita di tutti i musulmani.

Un esempio concreto di questo valore centrale nella religione islamica è testimoniato dall’iniziativa messa in atto dalla moschea Al Huda di via dei Frassini, nel quartiere di Centocelle, la seconda più grande di Roma, dove ha sede l’Associazione Culturale Islamica in Italia, fondata nel 1994. In quello che è diventato un punto di riferimento religioso e sociale della capitale per musulmani e non, tra le tante attività che vi vengono svolte, come i corsi di arabo per adulti e bambini o le lezioni di cultura e religione islamica, ce n’è una che, specialmente in tempi di pandemia, riveste un significato speciale e che si fonda proprio sulla carità.

Ogni sabato, commercianti da tutta Roma arrivano davanti alla moschea con i loro furgoni per donare cassette piene di prodotti alimentari. Frutta, verdura, carne, pasta, olio, tutto raccolto e diviso in “pacchi spesa” dagli operatori dell’Associazione che li distribuiscono alle persone più bisognose del quartiere e non solo.

Dalle 90 alle 120 famiglie a settimana arrivano davanti alla moschea, avvisate da un messaggio su Whatsapp con l’orario in cui presentarsi, per poter ritirare il loro pacco, con gli operatori dell’associazione che, in tempi di emergenza sanitaria, effettuano anche il servizio di consegna a domicilio per chi è impossibilitato a uscire.

“Frequento la moschea di Centocelle da più o meno cinque anni. Lì ho conosciuto persone davvero magnifiche, come l’imam, l’architetto Ben Mohamed”, racconta Mimmo. “Normalmente io, insieme ai ragazzi che lavorano al mercato con me, annamo là a portà il pesce una volta al mese, ma durante il Ramadan, il nostro mese sacro, c’annamo ogni settimana”.

Un Ramadan che, in tempi di Covid, è stato un po’ diverso rispetto al solito. Per via delle restrizioni dovute alla pandemia, infatti, la moschea è dovuta rimanere chiusa. La tradizionale preghiera del venerdì, giorno sacro per l’Islam, così come quella del tramonto, che segna la rottura del digiuno giornaliero, non si sono potute svolgere in presenza, ma sono state trasmesse sui canali virtuali dell’Associazione per poter essere seguite da casa dai fedeli.

Nonostante tutto, certe tradizioni non muoiono mai. Al massimo mutano appena, giusto quel poco per rimanere ancorate ai tempi che cambiano e, soprattutto, alle persone.

Di Gianluigi Spinaci

Illustrato da Ludovica Cefalo