Angoli di Trastevere

 

Roma antica e i grandi spettacoli ludici sono nell’immaginario di tutti noi, con allestimenti di tale grandiosità che stentiamo a crederne capace un popolo di 2000 anni fa. Eppure i grandi edifici da spettacolo hanno sfidato i secoli giungendo fino a noi nella loro imponente maestà: basti pensare all’Anfiteatro Flavio (Colosseo) con i suoi quasi 80.000 spettatori, o il Circo Massimo con i suoi 250.000 spettatori.

I giochi che in latino erano detti Ludi, da cui l’aggettivo italiano “ludico”, consistevano in combattimenti gladiatori, venazioni (cacce di animali esotici), corse di cavalli e anche combattimenti navali. Queste forme di spettacolo erano connesse a celebrazioni di vittorie militari o ad eventi di particolare importanza politica o religiosa. Da non sottovalutare la funzione spesso di propaganda politica: allestire tali spettacoli era molto costoso e un investimento in tal senso era sempre ben motivato da oculate speculazioni politiche.

Quando Ottaviano divenne il primo imperatore di Roma con il nome di Augusto, nel 27 a.C. la città arrivò a quasi un milione di abitanti. Lui stesso la divise in 14 regioni, 13 sulla riva sinistra del Tevere e una, la 14° sulla riva destra del fiume, detta Transtiberim, meglio nota come Trastevere.

L’antico quartiere era popoloso e popolare, abitato da gente di diversa origine, per lo più impiegata in attività industriali ed artigianali che sfruttavano la vicinanza del fiume. Inoltre la sua posizione geografica, al di là del Tevere, lo rendeva una sorta di moderna periferia: la riva del Trastevere era ancora detta detta litus Tuscus ossia territorio etrusco fino a quando Roma conquistò la città etrusca  di Veio. L’area non fu mai occupata da edifici di rilevanza politica o religiosa proprio per questo suo carattere. La zona occupata da caseggiati e botteghe confinava con aree residenziali verdi, come gli Horti di Cesare o come gli Horti di Geta, proprietà aristocratiche sul limite dell’abitato popolare.

Tuttavia il Trastevere fu la zona prescelta dall’imperatore Augusto per realizzare la sua Naumachia: era il 2 a.C. e l’occasione fu l’inaugurazione del tempio di Marte Ultore nel Foro di Augusto.

Decenni di studi hanno tentato di definire la localizzazione esatta della Naumachia che oggi viene collocata nella zona occupata da piazza San Cosimato alle pendici del Gianicolo.

Per realizzarla si dovette intraprendere una grande opera che non fu semplicemente quella dello scavo del bacino artificiale e conseguentemente del canale attraverso il quale far arrivare le navi, ma quella dell’approvvigionamento idrico per il quale si realizzò un acquedotto lungo 33 Km alimentato dal lago di Martignano. Il percorso dell’acquedotto era quasi tutto sotterraneo con un solo tratto di circa 500 metri in superficie: arrivava sul Gianicolo per portare acqua alla sottostante Naumachia. L’opera idraulica serviva solo la naumachia e l’irrigazione dei giardini del Trastevere, ma non era considerata buona da bere (infatti l’acquedotto non mostra piscine limarie per la decantazione delle acque).

Non riesco a capire quale ragione mosse Augusto a portare a Roma un’ acqua di questo genere , insipida e poco salubre , tanto che non viene mai distribuita per uso domestico, a meno che non sia perché, incominciato ormai il lavoro della sua Naumachia e non volendo distrarre per un simile uso acque molto piu’ pregevoli , preferisse portare questa e concederne l’ eccesso per l’ irrigazione dei giardini circostanti”   (Frontino, De aquaeductu urbis Romae” , Libro I)

Molti secoli dopo quell’acqua alimenterà la fontana dell’Acqua Paola del Gianicolo, da cui il detto “valere quanto l’acqua Paola” cioè niente!

L’acquedotto alsietino era così chiamato dal lacus Alsietinus, antico nome del lago di Martignano. La sua portata era di 188 litri al secondo.

Il risultato di tanta impresa fu appunto la Naumachia, termine greco gr. ναυμαχία, composto di ναῦς «nave» e -μαχία «battaglia», ma di riflesso andrà ad indicare il luogo stesso dove si allestivano tali spettacoli.

Conosciamo le misure del grande bacino artificiale (si presume di forma rettangolare) perché Augusto stesso le ricorda  (m 533 x m 335):

“Allestii per il popolo uno spettacolo di combattimento navale al di là del Tevere, nel luogo in cui ora c’ è il bosco dei Cesari, scavato il terreno per un lunghezza di milleottocento piedi e per una larghezza di milleduecento; in esso vennero a conflitto trenta navi rostrate triremi o biremi e, più numerose di stazza minore, in questa flotta combatterono, a parte i rematori, circa tremila uomini”  (Res Gestae Augusti 23,1).

Plinio (Naturalis Historia, XVI) ci ricorda che al centro del bacino vi era un’isola artificiale. Per far entrare le navi nel bacino si utilizzava un canale navigabile che lo collegava al Tevere (testimonianza di Cassio Dione).

La visione  della naumachia doveva essere impressionante se leggiamo la testimonianza lasciataci da Marziale:

«Se arrivi qui da una terra lontana, spettatore ritardatario per cui questo è il primo giorno del sacro spettacolo, non lasciare che la battaglia navale ti inganni con le sue navi, e non scambiare l’acqua per mare; poco tempo fa era terra. Non ci credi? Guarda mentre le acque stancano Marte. Tra poco tempo potrai dire “ma qui poco tempo fa c’era un mare”» (Marziale, De Spectaculis).

Le battaglie navali che vi si allestivano di fatto erano battaglie fra militi, poiché le navi erano solo un imponente pretesto scenico per combattimenti di fatto uguali a quelli che si svolgevano a terra. Ovviamente si sceglieva un’ importante battaglia navale del passato e la si rievocava, Augusto scelse quella tra Persiani ed Ateniesi. Lo spettacolo era sicuramente impressionante e non da meno era il costo e le risorse impiegate pertanto questo tipo di spettacolo era riservato ad occasioni importantissime e promosse ovviamente dall’imperatore. Tuttavia pare che presto questo spettacolo declinò e ciò comportò anche la caduta in disuso della Naumachia del Trastevere già nel III secolo d.C. probabilmente anche a causa dell’abbassamento del lago di Martignano con conseguenze per l’approvvigionamento idrico.

Di tanto ingegno e splendore restano le testimonianze degli autori antichi e vaghi ritrovamenti archeologici che ci ricordano i fasti dell’antica Roma che il vecchio rione  nei secoli ha cancellato.

Di Adelaide Sicuro

Illustrato da Ludovica Cefalo