Angoli di Trastevere | La chiesa di Santa Bonosa

Dopo l’unità d’Italia e Roma capitale, imponenti trasformazioni urbanistiche ed edilizie segnarono profondamente l’aspetto della città, a volte snaturandolo. Il Trastevere fu oggetto di queste trasformazioni: Roma doveva assolvere al ruolo di capitale di un nuovo regno, rinnovarsi, cancellare i suoi tratti più popolari e rurali.
Il nostro rione fin dall’antichità aveva un carattere popolare e multietnico, abitato da gente di umile condizione che lavorava in attività industriali che sfruttavano la prossimità con il fiume.

Tra questi progetti di rinnovamento vi era la costruzione degli argini del Tevere che nel 1888 investirono in pieno Trastevere. E proprio tali lavori portarono alla scomparsa di un’antichissima memoria: la chiesa di santa Bonosa, situata fra via dell’Olmetto e via della Lungaretta.

Oggi ne resta un vago ricordo nel nome dato alla via, ma nulla resta di essa come nulla resta degli isolati che la circondavano. Fatta eccezione per alcune sue colonne che dopo la demolizione furono inglobate nel palazzo che oggi si vede sull’omonima via.

Ma vediamo le sue origini. La tradizione agiografica ci ricorda la figura della giovane cristiana Bonosa che, insieme ai suoi fratelli Zosimo ed Eutropia, caddero martiri a Porto (antico porto di Roma sulla riva destra del Tevere) nel III secolo. L’archeologo Giovan Battista De Rossi nel XIX secolo rinvenne proprio a Porto un’iscrizione risalente al pontificato di Damaso e Sisto III (380-440) che ricordava come il vescovo Donato si occupò di decorare il sepolcro di questi martiri e di costruirvi una chiesa. Tuttavia sappiamo che i resti furono traslati nel 1227 nel monastero cisterciense di Clairvaux in Francia.

Ma a Roma intanto era vivo il culto di Bonosa, proprio nel Trastevere dove la tradizione poneva la sua casa. Della chiesa non si sa molto.

E a tale proposito ci viene in soccorso Mariano Armellini che nel suo lavoro Le Chiese di Roma dal secolo IV al XIX, pubblicato nel 1891, ci fornisce alcune interessanti informazioni.

Sembra che nel 1480 nella nostra chiesa vennero ritrovate le reliquie di Bonosa e che un secolo dopo, nel 1589, Pietro Cappello, rettore della chiesa, pubblicò gli atti del suo martirio. Tuttavia, Giovanni Battista De Rossi dubitava fortemente che i resti venerati nella chiesa trasteverina fossero realmente quelli della giovane martire portuense, proprio a causa della suddetta traslazione in Francia. La nostra Bonosa potrebbe non essere la martire portuense, bensì un’altra, anche se il giorno in cui vengono celebrate entrambe è il 15 luglio, importante dettaglio che non si può ignorare.

Tuttavia il suddetto De Rossi scoprì nella biblioteca della scuola di medicina di Montpellier un documento del 1256 che oltre a testimoniare la traslazione delle reliquie in Francia, è tra le più antiche attestazioni superstiti della nostra chiesa trasteverina nel quale si ricorda la vetustà dell’edificio nonché l’incertezza sulla tradizione relativa alla giovane martire. Tra l’altro, il rinvenimento nel 1870, nei pressi della chiesa, di un’iscrizione datata al secolo V, testimonierebbe un luogo di culto già esistente, ma non certo una sepoltura (queste erano assolutamente esterne all’abitato in età imperiale) quanto molto probabilmente la memoria dell’antica casa di Bonosa.

In effetti Mariano Armellini scrisse che in occasione di alcuni restauri da lui effettuati poté vedere dei muri databili all’VIII e IX secolo e pitture, dello stesso periodo, sotto la scala che conduceva alla cantoria.

Rappresentavano delle figure di santi, mentre la sezione della chiesa mostrava parte di una stanza con affreschi che ritenne del secolo V.

Sappiamo che fu anche sede di confraternite: dal 1825 vi ebbe sede quella dei calzolai e dei pianellari, testimonianza delle antiche corporazioni di mestiere.

Si narrava fra il popolo che a santa Bonosa fosse sepolto il corpo di Cola di Rienzo, riformatore e tribuno di Roma che morì nel 1354. Tuttavia è solo una leggenda poiché Cola, dopo l’uccisione, fu bruciato e le sue ceneri disperse al vento. L’equivoco molto probabilmente nacque a causa della sepoltura nella chiesa di un ipotetico parente di Cecco del Vecchio, colui che colpì Cola.

La distruzione dell’antico monumento fu una grave perdita, oggi ci resta solo la preziosa testimonianza donataci da Ettore Roesler Franz, l’artista che ritrasse Roma prima della sua distruzione a causa dei lavori post unitari. I suoi mirabili acquerelli basati su una precedente documentazione fotografica da lui acquisita prima delle demolizioni sono preziosissimi.

La Roma sparita di Roesler Franz, realizzata fra il 1878 e il 1896 è una serie composta da 120 acquerelli oggi al Museo di Roma in Trastevere.

Franz ritrae la chiesa che affaccia su una piazzetta, dove si muovono madri con bambini, un uomo seduto in equilibrio davanti alla chiesa, panni stesi al sole, un vicolo che fiancheggia la chiesa, vecchie case di Trastevere. La sua facciata appare sobria, con le quattro lesene che scandiscono la facciata piana, al centro della quale si apre il portale sormontato da un timpano curvilineo contenente un serafino a sua volta sormontato da una finestra quadrata.

Le lesene poste a coppia ai lati dell’ingresso, contengono due alte nicchie curvilinee sormontate da festoni vegetali. Il timpano triangolare classicheggiante corona la facciata conclusa all’ estremità, probabilmente da due piccoli campanili gemelli. Dico probabilmente perché le immagini superstiti non ci mostrano l’angolo destro della facciata, e sono ipotizzabili da confronti con altre architetture simili del XVII secolo.

Dopo la demolizione, le sacre reliquie furono traslate e le monache canossiane le portarono con sé nel loro peregrinare finché, nel 1958, trovarono definitiva collocazione nella moderna chiesa di Santa Maria della Mercede, sita in via Tirso a Roma. I resti di Bonosa riposano sotto il secondo altare a sinistra in un’urna di vetro. Di lei oggi resta solo il nome dato ad una piccola via e la memoria di un Trastevere sparito che sopravvive nei colori di Roesler Franz.

Un’ultima curiosità: lo sapevate che Bonosa è la patrona delle malattie infettive? Eh sì, perché nella Roma del primo Ottocento ancora la si invocava contro le epidemie ed è per questo che spesso si poteva trovare una sua immagine nelle stalle dove maggiore era il rischio delle infezioni. In particolare era pregata per scongiurare vaiolo e varicella.

Se fosse ancora viva la devozione popolare, la venerazione per la giovane martire in tempi come questi tornerebbe forse in voga… ma Bonosa è ormai una pallidissima memoria di un mondo fatto di tradizione e fede, ormai sparito.

Di Adelaide Sicuro

Illustrazioni di Enton Nazeraj

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